“PICASSO LO STRANIERO” LA MOSTRA a PALAZZO REALE

CULTURA. A PALAZZO REALE APRE AL PUBBLICO
LA MOSTRA “PICASSO LO STRANIERO”

Milano, 19 settembre 2024 – Da domani e fino al 2 febbraio 2025, Palazzo Reale
presenta Picasso lo straniero. A cinquant’anni dalla scomparsa, l’opera di Pablo Ruiz
Picasso è indagata e raccontata attraverso la lente del suo stato di immigrato, rifiutato,
censurato dalla nazione che lo ha visto crescere e raggiungere il successo, la Francia.
Promossa dal Comune di Milano – Cultura, la mostra nasce dall’idea originale
di Annie Cohen-Solal, autrice di Picasso. Una vita da straniero e curatrice scientifica
del progetto espositivo, ed è prodotta da Palazzo Reale con Marsilio Arte grazie alla
collaborazione del Musée National Picasso-Paris (MNPP), principale prestatore, del
Palais de la Porte Dorée con il Musée National de l’Histoire de l’Immigration e della
Collection Musée Magnelli Musée de la céramique di Vallauris.
La mostra si avvale anche della curatela speciale di Cécile Debray, presidente del
MNPP.
Picasso lo straniero presenta più di 90 opere dell’artista, oltre a documenti, fotografie, lettere e video, provenienti principalmente dal MNPP ma anche dal Musée
National de l’Histoire de l’Immigration di Parigi e dalla Collection Musée Magnelli Musée de la céramique di Vallauris: un progetto che apre a più riflessioni sui
temi dell’accoglienza, dell’immigrazione e della relazione con l’altro.
Per Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano: “La mostra
Picasso lo straniero rappresenta un’occasione straordinaria per riflettere non solo sull’opera
di uno dei più grandi artisti del Novecento, ma anche sulle dinamiche storiche e sociali
che hanno influenzato la sua vita e il suo percorso creativo. Milano, con la sua tradizione
di accoglienza e apertura culturale, si conferma ancora una volta un centro internazionale
in cui l’arte diventa strumento di dialogo e inclusione. L’approccio innovativo di questa
esposizione ci invita a riscoprire Picasso sotto una nuova luce, quella dell’uomo, oltre che
dell’artista, segnato dall’esperienza dell’essere straniero”.
Pablo Picasso, nato nel 1881 a Malaga in Spagna, si stabilisce a Parigi nel 1904.
Nonostante la Francia diventi la sua casa e la sua fama cresca oltre i confini nazionali,

Picasso lo straniero
Milano
Palazzo Reale
20.09.2024
02.02.2025

l’artista non otterrà mai la cittadinanza francese: la mostra segue la traiettoria
estetica e politica di Picasso, per illustrare come abbia plasmato la propria identità vivendo nella difficile condizione di immigrato.
Su Picasso è stato scritto tutto, si direbbe. Nessun altro artista ha suscitato altrettanti dibattiti, controversie, passioni. Ma quanti sanno quali ostacoli il giovane
genio ha dovuto affrontare quando è arrivato diciottenne a Parigi per la prima
volta, nel 1900, senza parlare una parola di francese? Nel 1901 viene schedato per
sbaglio – con il numero 74.664 – come anarchico sottoposto a sorveglianza speciale,
prima di stabilirsi definitivamente a Parigi nel 1904, dove si di affermerà come leader
dell’avanguardia cubista.
Durante la guerra civile in Spagna, l’artista realizza Guernica (1937), l’immensa
tela destinata a diventare il vessillo universale della resistenza antifascista. Nel 1940,
temendo di essere in pericolo in Francia, dove l’invasione nazista è imminente, Picasso decide di inoltrare la domanda di naturalizzazione che viene rifiutata. Risale al
1929 poi il gran rifiuto del Louvre alla donazione de Les Demoiselles d’Avignon (1906-
1907), nonostante sia ormai celebrata in tutto il mondo.
Nel 1955, quando Picasso lascia Parigi per stabilirsi nel sud della Francia, sceglie di
lavorare con gli artigiani del posto, voltando deliberatamente le spalle alla tradizione
del bon goût: decide insomma di immergersi nel mondo mediterraneo, nel sincretismo
originario delle sue molteplici identità, consegnando il proprio mito al vasto mondo.
Come ha fatto, in un secolo caratterizzato da grandi turbolenze politiche, in
un mondo dilaniato da nazionalismi di ogni specie, a imporre le sue rivoluzioni
estetiche? L’esposizione di Milano risponde a queste domande, al di là dell’aspetto puramente formalista dell’opera dell’artista grazie a un approccio multidisciplinare e alla ricerca negli archivi della polizia francese e del MNPP.
Il percorso espositivo si snoda in ordine cronologico, dal 1900 al 1973, e le opere selezionate sono testimonianza della travagliata condizione di esule e straniero di
Picasso in Francia, esperienza che ha che influenzato radicalmente la sua pratica artistica. Nel dipinto La lettura della lettera (1921), ad esempio, Picasso rappresenta
sé stesso accanto a un amico, che potrebbe essere il poeta Guillaume Apollinaire o
il poeta Max Jacob, oppure Georges Braque: ma ciò che emerge è l’importanza che
l’artista – proprio a causa della fragilità della sua condizione di straniero – attribuisce
ai legami e alle amicizie che ha costruito nel corso degli anni.
Tra le oltre quaranta opere per la prima volta esposte in Italia – tra dipinti,
disegni, sculture – c’è una piccola gouache Gruppo di donne del 1901: Picasso nei
primi mesi a Parigi lavora moltissimo, eseguendo a tempo di record sessantaquattro
opere che ci pongono di fronte a personaggi sconcertanti, ritratti con colori violenti,
con ampi tocchi di rosso che spiccano come ferite. È il popolino di Parigi osservato
nei bassifondi della città, nei caffè e nelle stradine di Montmartre, insieme al gruppo
accogliente dei catalani del quale adesso anche Picasso fa parte.

“Guardato con sospetto come straniero, uomo di sinistra, artista d’avanguardia, Picasso
si destreggia con abilità e acume politico in un paese che poggia su due grandi istituzioni:
la police des étrangers e l’Académie des beaux-arts, che tutelano ossessivamente la ‘purezza
della nazione’ e il ‘buon gusto francese’ – racconta Annie Cohen-Solal -. “Nella mia ricerca appare costantemente l’immagine di un Picasso vulnerabile e precario, perché sapeva
di poter essere espulso in qualsiasi momento. Tuttavia, seppe navigare da grande stratega
contro la xenofobia diffusa”

L’esposizione è stata realizzata anche grazie al sostegno di Unipol Gruppo, main
sponsor: “La mostra apre una nuova prospettiva nella comprensione dell’arte di Picasso,
indagando come la sua condizione di “straniero” in Francia abbia influito e plasmato la
sua identità artistica. Considerato “straniero” anche per aver rotto alcuni schemi di giudizio estetico tipicamente borghesi. Nonostante le critiche dei tradizionalisti, e forse proprio
per questo, Picasso è stato libero, indecifrabile, incontrollabile, cosmopolita, disinvolto
nella gestione dei suoi rapporti di lavoro e disinvolto nella vita privata, nella sua arte ha
rimodellato i canoni estetici di riferimento, attraverso la scomposizione dei volumi ha
tracciato nuove strade ardite e irripetibili” afferma Vittorio Verdone, Direttore Communication and Media Relations Unipol Gruppo.
E con il supporto di BPER Banca, sponsor. Serena Morgagni, Responsabile della
Direzione Communication commenta: “Con il sostegno a quella che rappresenta una
delle più importanti iniziative artistiche della stagione, confermiamo il nostro impegno
nella promozione e divulgazione dell’arte e della cultura. Desideriamo offrire alla collettività esperienze di altissimo valore artistico considerandole occasioni di inclusione e di
crescita sociale”.
“Marsilio Arte – afferma Luca De Michelis, amministratore delegato di Marsilio
Editori e Marsilio Arte – sta implementando la sua presenza nella città di Milano con
una programmazione condivisa e costruita con il Comune di Milano, di cui é partner
continuativo: Picasso lo straniero é un progetto editoriale integrato complesso e articolato
con un saggio, un catalogo e la mostra che si inserisce nel panorama espositivo per la sua
originalità di approccio e indagine scientifica, oltre che come esperienza di visita. Un’esposizione differente, necessaria per i temi affrontati, così attuali, e per il dibattito che ne
sta già scaturendo”.
Accompagna la mostra il catalogo, pubblicato per l’appunto da Marsilio Arte,
che si apre con una sezione introduttiva, che raccoglie interventi istituzionali e curatoriali, oltre a un testo a firma dello scrittore Niccolò Ammaniti. Segue un percorso
cronologico diviso in quattro macro-sezioni, in cui viene presentata la parabola artistica di Picasso, strettamente interconnessa ai diversi periodi della sua vita. Il volume,
completato da apparati dedicati alle opere in mostra, ai documenti e alle illustrazioni
dei saggi, rivela la situazione del Picasso “straniero” in Francia e la ricezione del suo
lavoro da parte delle istituzioni francesi, che sembra essere intessuta di anomalie,
discrepanze, a volte persino da scandali. Senza mai esporre pubblicamente i suoi problemi con le autorità francesi, Picasso riuscì, a seconda delle circostanze, a navigare
mirabilmente in questi travagliati periodi storici, lasciando che il suo lavoro parlasse
da solo.
A Palazzo Te di Mantova è già aperta, fino al 6 gennaio 2025, la mostra Picasso
a Palazzo Te. Poesia e salvezza, in dialogo con gli affreschi di Giulio Romano, che
presenta circa 50 opere del Maestro simbolo del Novecento, tra disegni, documenti,
sculture e dipinti, alcuni eccezionalmente esposti in Italia per la prima volta. Entrambi i progetti nascono dalla collaborazione con il MNNP e sono curati da Annie
Cohen-Solal. Con il biglietto di ingresso della mostra a Milano i visitatori potranno
accedere alla mostra di Mantova con il biglietto ridotto e viceversa.

A cura di
Annie Cohen-Solal e Cécile Debray
Una mostra
Comune di Milano – Cultura
Palazzo Reale
Marsilio Arte
In collaborazione con
Musée national Picasso-Paris
Palais de la Porte Dorée
Main sponsor
Unipol Gruppo
Sponsor
Bper
Media partner
Corriere della Sera
Technical partner
Apice
ATM
NeoTech
Wine partner
LA VIARTE
Ticketing partner
Vivaticket
Orari mostra
Da martedì a domenica ore 10 – 19:30
Giovedì 10 – 22:30
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
Lunedì chiuso

GIUSEPPE SALA,SINDACO DI MILANO

Picasso è uno degli artisti più importanti del Novecento, un genio indiscusso la cui
influenza ha segnato in modo indelebile la storia dell’arte e della cultura europea e
mondiale. Palazzo Reale torna ancora una volta a presentare l’opera di questo maestro
con una esposizione di grande valore che apre una finestra sulla sua arte originale e
rivoluzionaria e tocca allo stesso tempo temi di grande attualità che interrogano il
nostro tempo.
Motivo ispiratore della mostra è la condizione di Picasso esule e straniero in una
Francia che non lo accettò mai completamente, che gli rifiutò la cittadinanza, che
guardò a lungo con sospetto la sua genialità trasgressiva. La mostra, prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte in collaborazione con il Musée national Picasso-Paris e il
Palais de la Porte Dorée, porta in città decine di opere dell’artista, ceramiche, disegni, collage, stampe, fotografie, lettere, insieme a interessanti documenti rinvenuti
negli archivi della polizia parigina che testimoniano eloquentemente la condizione
di precarietà e sospetto vissuta dall’artista. Le opere esposte permettono al visitatore
di conoscere aspetti inesplorati della vita e dell’opera di Picasso e propongono una
riflessione sui temi dell’accoglienza, dell’immigrazione e della relazione tra popoli e
culture diverse.
La mostra si ricollega idealmente alla celebre esposizione di Guernica voluta dallo
stesso Picasso nel 1953 nella sale di Palazzo Reale sventrate dai bombardamenti della
Seconda guerra mondiale: se quell’esposizione nasceva come denuncia degli orrori
della guerra, la nuova mostra, allestita nello stesso palazzo, diventa un richiamo alle
contraddizioni della nostra società che ancora oggi, troppo spesso, rifiuta lo straniero,
le diversità e si arrocca nella difesa di un malinteso senso identitario che si traduce
in chiusura provinciale, paura del diverso, incapacità di dialogo, refrattarietà all’innovazione. Quello dell’accoglienza è un tema che da sempre si intreccia con la storia
di Milano, città che nei secoli ha fatto dell’apertura verso l’esterno una sua virtù peculiare. Milano, oggi come ieri, cresce e si afferma come grande polo culturale grazie
proprio alla capacità di accogliere chi è «straniero», offrendo occasioni di espressione
di realizzazione personale e ricevendone in cambio stimoli ed energie che si tramutano in fattori concreti di sviluppo e di progresso.

DOMENICO PIRAINA, DIRETTORE CULTURA E DIRETTORE DEL PALAZZO REALE DI MILANO

«I pittori creano l’universo visivo dell’umanità.»
Daniel-Henry Kahnweiler
Gli istituti museali legati al mondo picassiano sono più di settanta, disseminati tra
Cipro, Spagna, Francia, Grecia, Israele, Italia, Malta, Marocco e Turchia; fra di essi, il
Palazzo Reale di Milano è da annoverare tra i principali e i più attivi se consideriamo
l’attenzione che più volte (1953, 2001, 2012, 2017) è stata riservata a Picasso a partire dalla celeberrima mostra del 1953 che, con la straordinaria esposizione di Guernica,
ha regalato a Milano un primato assoluto: quello di essere stata la prima città italiana
a esporla e un altro record, difficilmente uguagliabile, di essere stata, anche in seguito,
l’unica città italiana ad averlo fatto. Forse anche per questo particolare e intenso legame storico con Picasso, un rapporto che ha inciso sulla stessa identità culturale del
Palazzo Reale, quando venimmo a conoscenza della ricerca che Annie Cohen-Solal
aveva compiuto, da una prospettiva assolutamente originale, sul maestro di Malaga
consultando non solo l’enorme biblioteca dedicata alla sua opera ma soprattutto i fascicoli che la polizia francese aveva confezionato su di lui, restammo rapiti e coinvolti,
prospettandoci l’idea di costruire una mostra del tutto diversa dalle precedenti.
Si tratta di una storia la cui trama inizia dall’arrivo di un Picasso diciannovenne
a Parigi nel 1900 dove, nella sezione spagnola all’Esposizione universale, era esposto
Derniers moments – la visita di un prete al capezzale di una donna morente – un suo
dipinto ancora decisamente accademico; e dalla frequentazione, assieme all’amico
Carles Casagemas, della comunità catalana stanziatasi a Montmartre che gli avrebbe
attirato la sorveglianza della polizia francese che aprì su di lui un fascicolo perché lo riteneva un anarchico. Una storia che si conclude, in maniera diametralmente opposta
da come era partita, nel 1985 con l’inaugurazione del Musée national Picasso-Paris,
nostro prestigioso alleato in questo progetto dalla carica innovativa e sorprendente
sotto diversi profili.
In questo lungo arco temporale si susseguono fatti e situazioni a dir poco incredibili in cui si evidenzia come Picasso, nonostante il prestigio, la notorietà e il riconoscimento artistico che gli erano tributati in tutto il mondo, in Francia rimanesse un
corpo estraneo, di cui diffidavano gli apparati di sicurezza, le istituzioni museali e una
gran parte del mondo della cultura. A questo clima di sospetto, Picasso risponde, in
una primissima fase, attraverso scelte e comportamenti «difensivi» che hanno lo scopo
di rassicurare le autorità di sicurezza e cioè prendendo le distanze dalla comunità catalana e abbandonando il patronimico Ruiz che lo caratterizzava come spagnolo e quindi come «straniero»; successivamente, elabora una strategia «di attacco» attraverso la
frequentazione di amicizie influenti e internazionalizzando, o meglio globalizzando,
grazie al suo mercante Daniel-Henry Kahnweiler, al ricco collezionista russo Sergej
Šchukin, a Heinrich Tannhauser, Alfred Stieglitz e altri ancora, la sua opera in tutta
Europa, Russia e in America, dove nel 1923, esattamente a Chicago, si svolge la sua
prima mostra istituzionale.

Quasi contemporaneamente, per dare una visione plastica dell’insofferenza delle
istituzioni museali francesi nei suoi confronti, il Louvre rifiuta, nel 1929, la donazione delle Demoiselles d’Avignon, decisione che confermerà nel 1937 e in seguito alla
quale la vedova del proprietario dell’opera, Jacques Doucet, la venderà alla galleria
americana Seligmann e da questa, nello stesso anno, sarà venduta al MoMA di Alfred
H. Barr Jr., che già l’anno precedente aveva omaggiato il cubismo con la mostra Cubism and Abstract Art, divenuta famosa anche per il cosiddetto «diagramma di Barr», in
cui lo storico dell’arte tracciava lo sviluppo e i legami tra le forme dell’arte moderna.
Solo a partire dal 1933 Picasso entra in un museo francese e con un’opera non certo cubista ma del periodo blu. Dopo aver richiesto invano la cittadinanza francese nel
1940, Picasso si decide a compiere un passo politico attraverso l’adesione al Partito
comunista francese nel 1944: «Sono sempre stato un esiliato. Ora non lo sono più»,
dichiarerà Picasso a «L’Humanité» Da qui in avanti la situazione muta a suo favore:
nel 1947 Georges Salles, direttore dei Musei francesi accetta da Picasso una donazione
di dieci opere dichiarando, un po’ enfaticamente: «Oggi cessa finalmente il divorzio
tra lo stato e il genio». L’anno dopo vi è il completo ribaltamento della situazione:
mentre nel 1901 era un anarchico sorvegliato, nel 1948 al maestro è riconosciuto lo
status di «residente privilegiato». Un ribaltamento o una metamorfosi, proprio come
l’oggetto di tante sue creazioni, che non può lasciarci indifferenti. Non era dunque
Picasso a essere divenuto francese ma era la Francia a essere diventata picassiana, come
inconfutabilmente dimostra l’introduzione della cosiddetta legge sulla «dation», voluta da Malraux e che consentirà di inaugurare nel 1985 il Musée national Picasso-Paris.
Il potere, fattuale e simbolico, che Picasso era stato in grado di raggiungere con
l’eccezionalità della sua opera, gli permise anche di opporsi vittoriosamente alla pretesa del generale Francisco Franco di riportare in Spagna Guernica adducendo che
l’opera fosse stata commissionata dal governo spagnolo e che di conseguenza essa era
di proprietà della Spagna. Con il suo esempio e con la sua opera, Picasso ha concretamente dimostrato che la nazionalità non è il luogo in cui, del tutto casualmente,
siamo nati, ma il luogo in cui abbiamo creato, e si può ben dire che la terra natale di
Picasso è la sua opera. Queste appassionanti vicende, frutto della possente ricerca di
Annie Cohen-Solal, saranno l’oggetto della mostra che si caratterizza per la sua interdisciplinarità perché tratterà di storia sociale, economica e politica, con al centro,
naturalmente, l’opera di Picasso, dal periodo blu alle ceramiche di Vallauris: un invito
a rileggerla da una prospettiva diversa, insolita e coinvolgente.